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E' ancora Niépce vs Daguerre

(segue)

Occorre però uno sguardo non superficiale ma attento e acuto, diretto e pulito, indipendente, disponibile, essenziale.

Ipotetiche affinità con la metafisica sono  possibili ma non  del tutto convincenti. Non credo infatti che sotto il visibile si nascondano realtà misteriose da decifrare, ma che dentro ciò che si guarda distrattamente e quasi non si vede per nulla si ritrovino armonie, equilibri e “bellezze” che possono appagare esteticamente, procurando piacere percettivo, e riconciliare l’uomo con l’ambiente in cui vive.

Ho trovato in quest’idea una sicura linea guida per la mia visione e una traccia compositiva per le mie immagini: stile documentario pressoché razionalista, prospettiva spesso centrale, ricerca di forme, volumi e spazi, di contrasti e armonie, utilizzo sistematico di luci e ombre, naturalmente bianco e nero.

Una componente importante del mio metodo consiste nel lavorare con attenzione libera, vigile e fluttuante nella disponibilità e nel desiderio che essa venga attratta da immagini significative e “belle” secondo i miei criteri guida. Tutto questo funziona in assenza di programmi più rigidi di quanto per me sia la giusta misura, funziona dolcemente e spontaneamente, a riprova della sua naturalezza e validità.

La verità è che fotografare per me è ricerca del piacere dovuto alla percezione di immagini equilibrate, armoniche, dalle giuste proporzioni eppure  dotate di contrasti e tensioni vivificanti.



Perchè allora il titolo Cento vedute della città? Non si giustifica soltanto col fatto che le fotografie presentate sono appunto cento; il riferimento è all’opera del grande Hokusai Cento vedute del Monte Fuji. Vedute, come quelle di Bellotto e Canaletto, in alcune delle quali la montagna simbolo del Giappone è isolata e assoluta protagonista, mentre in altre partecipa allo sfondo e al contesto di visioni ove in primo piano sono la vita e le attività umane.

La stessa dicotomia - come sottolinea William A. Ewing (vedi sotto) - che esiste tra la prima fotografia di Nicéphore Niépce, i tetti dalla sua finestra,  e quella di Mandé Daguerre raffigurante il Boulevard du Temple di Parigi in cui sono presenti seppur confusamente, grazie all’aumentata sensibilità del materiale e al conseguente accorciamento del tempo di posa, due figure umane. Poi da presenza accidentale si è passati al protagonismo dell’umano e la città è diventata uno sfondo spesso caricato di significati problematici se non decisamente negativi. In effetti oggi tutto ciò che anche vagamente abbia a che fare con la città passa nella vastissima categoria della Street photography: non tanto l’uomo quanto la gente agisce e si staglia su una specie di fondale di cartapesta secondario e funzionale all’evento.  Mi vengono in mente le scenografie dipinte di Paolo Ventura poi fotografate con l'aggiunta di personaggi in primo piano.

Sull’altro versante il paesaggio urbano, le Vedute, la città protagonista. Una realtà che non ha bisogno, per esistere, di null'altro; che ha vita e parola proprie grazie alla forza e al linguaggio delle forme, rivelate e animate dalla luce.


“A partire dalla decade del 1840 - scrive Ewing - un incredibile numero sia di documentazione sia di interpretazioni dell’ambiente urbano è stato prodotto. Molte di queste immagini riprendono la città come un’entità fisica del tutto scontata; il soggetto autentico è un evento, una scena della vita di ogni giorno; o una persona nel suo habitat.

Qualcuno ha ripreso la città in se stessa come soggetto, l’aggregato fisico che sembra assumere personalità o persino anima proprie.

In tali fotografie che possono essere definite autentici paesaggi urbani, il dilemma Niépce-Daguerre trova soluzione: uomini e donne sono accidentali, sono considerati imparziali elementi formali o inclusi per definire la scala delle proporzioni.

Nel paesaggio urbano la città è sempre protagonista, indipendentemente dalla scelta del fotografo: il più ampio angolo visuale possibile, uno scorcio più ambizioso o perfino la descrizione di un frammento urbano.

(…..) Il paesaggio urbano può anche essere espresso da una sequenza, una flessibile strategia per evocare il senso di un luogo. Abbiamo anche studi di città prodotti da colti fotografi che hanno spaziato in migliaia di vedute singole”.


William A. Ewing, Scomposto reticolo per l’uomo moderno, in Grandi temi della fotografia, La città, parte prima, Gruppo Fabbri, 1984


CENTO VEDUTE DELLA CITTA'  

Forme del paesaggio urbano

è un volume di 108 pagine edito in proprio in formato pdf

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gianfranco.verrua@fastwebnet.it